Pignoramento appartamento e debitore: perché può restare a casa?

Pubblicato il 29 Novembre 2019 alle 21:00 Autore: Claudio Garau

Pignoramento appartamento e debitore: secondo la nuova legge, chi non ha saldato i debiti può restare a casa. Ma fino a quando?

Pignoramento appartamento e debitore perché può restare a casa
Pignoramento appartamento e debitore: perché può restare a casa?

Potrebbe sembrare in qualche modo illogico a chi non si occupa o non maneggia frequentemente il diritto civile e le sue applicazioni pratiche: tuttavia, la legge vigente consente al debitore di permanere a casa, per un certo lasso di tempo, pur con un iter di pignoramento appartamento avviato nei suoi confronti. Vediamo perché.

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Pignoramento appartamento: il nuovo art. 560 c.p.c. riformulato dopo le novità legislative

In effetti, la posizione del debitore pignorato è, oggi, in qualche modo meno “gravata” dal tipico procedimento di espropriazione nei suoi confronti, avviato dal creditore. Ciò emerge da uno studio pubblicato sul sito ufficiale del notariato, che fa il punto a seguito della riforma dell’art. 560 c.p.c. (“Modo della custodia” di uno o più beni pignorati), compiuta dal decreto legge n. 135 del 2018, convertito nella legge n. 12 del 2019. Infatti, sono posti alcuni interrogativi pratici circa il nuovo contesto normativo in cui opererebbe l’art. 560 nella sua versione attuale. Come accennato, la novità più radicale attiene alla posizione del debitore che, fino all’ordine o decreto di trasferimento emesso dal giudice, può di fatto continuare a risiedere nell’abitazione pignorata. Ciò a patto che però osservi i doveri di mantenimento, tutela e conservazione legati al bene immobile oggetto di espropriazione.

Comma 2 e 3 dell’art. 560 appaiono, infatti, rispondere all’interpretazione del notariato: “Il custode nominato ha il dovere di vigilare affinché il debitore e il nucleo familiare conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengano e tutelino l’integrità.

Il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento, salvo quanto previsto dal sesto comma.

Il comma 6 sul pignoramento appartamento dispone le quattro condizioni per le quali il giudice deve provvedere alla liberazione immediata dell’abitazione pignorata (è sufficiente che se ne verifichi una per giustificare il rilascio immediato): “Il giudice ordina, sentiti il custode e il debitore, la liberazione dell’immobile pignorato per lui ed il suo nucleo familiare, (1) qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando (2) l’immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare, (3) quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico, o (4) quando l’immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare“.

Ma è l’ultimo comma di quest’articolo sul pignoramento appartamento, che sancisce definitivamente il mutamento della condizione del soggetto non in regola con i propri debiti. Oggi infatti il legislatore – più indulgente verso il debitore – chiude l’art. 560 con la seguente disposizione: “Fermo quanto previsto dal sesto comma, quando l’immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari il giudice non può mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell’articolo 586“.

In altre parole, il debitore e il suo nucleo familiare possono continuare a restare nella casa oggetto del pignoramento appartamento, fino all’ordine del giudice incaricato: pertanto, non serve una specifica autorizzazione scritta a permanere in casa, essendo sufficiente il dettato del nuovo art. 560 c.p.c.

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Il vincolo che grava sul custode

In questo quadro, la posizione del custode, in caso di pignoramento appartamento, è in qualche modo “vincolata” o limitata dall’articolo menzionato e dal giudice stesso. Infatti, la casa pignorata non è anche contestualmente liberata a seguito della nomina di un terzo come custode del bene. Anzi, il custode stesso non è libero di agire in autonomia o come meglio crede per la conservazione del bene custodito: secondo la legge vigente, sarà sempre una figura senza potere decisionale, dovendo seguire i dettagliati comandi del giudice, per quanto riguarda tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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