Monte dei Paschi, il problema non è il rapporto con la politica

Pubblicato il 27 Gennaio 2013 alle 14:54 Autore: Giacomo Bottos

Naturalmente questo non vuol dire sorvolare sui gravi errori di gestione che pure ci sono stati o sui possibili abusi (che sarà compito della magistratura verificare) né minimizzare i problemi dello specifico sistema di governance del Monte dei Paschi. Tuttavia le criticità che questo presentava nascevano in primo luogo da una serie di particolarità specifiche della città di Siena. Chi conosce anche solo vagamente questa realtà sa come si tratti di un unicum mondiale (si pensi al sistema delle contrade) e come il sentimento di “senesità” degli abitanti vada oltre qualunque appartenenza politica, partitica, sindacale ecc. E’ in questa idea di costituire una realtà a sé, una realtà che può essere compresa a fondo solo da chi ne fa parte da sempre che sono da ricercare le radici della volontà della città (concorde in questo in tutte le sue componenti) di mantenere il pieno e totale controllo della Banca. La Banca, il “babbo Monte”, permetteva di perpetuare nel tempo “l’eccezione Siena”, permetteva di cristallizzare un modello di vita che si voleva uguale nei secoli, impermeabile alla storia.

I rovesci a cui la Banca è andata incontro, che hanno avuto come conseguenza la forzata perdita della maggioranza del Monte da parte della Fondazione, è in primo luogo la storia del risveglio da questo sogno in cui la città per molto tempo ha vissuto. Un modello che i senesi hanno difeso contro la stessa dirigenza nazionale dei partiti di sinistra. Vincenzo Visco ha detto al Corriere della Sera: “l’unico a provare a fare qualcosa a scardinare e correggere i guasti di questa commistione tra società civile, politica e la banca, sono stato io quando da ministro commissariai la Fondazione per costringerla a modificare lo Statuto. Poi firmai il decreto per impedire al suo presidente, Pierluigi Piccini, di diventare presidente della banca”.
A Siena si formavano dunque delle logiche autonome rispetto a quelle dei partiti di sinistra nazionali, logiche che avevano proprio nelle enormi disponibilità finanziarie del Monte uno straordinario strumento di consolidamento. Diventava dunque difficile comprendere, in ultima analisi chi, tra la Banca e gli enti locali, controllasse chi.

Proprio per questo appare arduo fare del caso Monte dei Paschi un argomento contro l’intervento pubblico in economia. Al contrario, è solo a partire da una ripresa del ruolo della Politica in senso alto (che naturalmente deve lasciarsi alle spalle casi negativi come quello di Siena, che manifestano in realtà più una subordinazione della politica all’economia che non il contrario) che ci si può aspettare una soluzione duratura dei drammatici problemi del nostro tempo. L’uso strumentale di episodi come quello del Monte dei Paschi per riproporre vecchie argomentazioni va purtroppo nella direzione opposta.

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L'autore: Giacomo Bottos

Nato a Venezia, è dottorando in filosofia a Pisa, presso la Scuola Normale Superiore. Altri articoli dell’autore sono disponibili su: http://tempiinteressanti.com Pagina FB: http://www.facebook.com/TempiInteressanti
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