Il PDL cinque anni dopo

Pubblicato il 13 Febbraio 2013 alle 14:32 Autore: Federico De Lucia

Per aggiudicarsi di nuovo l’appoggio leghista, senza il quale oggi non conterebbe più niente dal punto di vista elettorale, Berlusconi è stato disposto a cedere a Maroni sostanzialmente su tutte le questioni politiche.

Primo: con l’ennesima piroetta, ha rinunciato a correre personalmente per Palazzo Chigi, solo un mese dopo aver fatto disdire le primarie per poterlo fare, e rendendo addirittura una pantomima tutto ciò che è successo al suo partito nel corso dell’ultimo periodo.

Secondo: ha ceduto sul tema del trattamento fiscale privilegiato per le regioni del Nord, dimostrandosi il più secessionista ed estremista di tutti.

Non preoccupandosi di entrare in evidente contraddizione sia con la vocazione nazionale del suo partito sia con le alleanze sudiste che comunque è stato costretto a fare.

Terzo: ha scelto di sostenere esplicitamente Maroni come candidato alla presidenza della Regione Lombardia, distruggendo le uniche due persone che ancora nel suo partito contassero qualcosa in tale contesto, ovvero Albertini e Formigoni, e dichiarando sostanzialmente morto quel che resta del PDL oltre il Po (si pensi alla fine che il partito sta facendo in Veneto dopo tre anni di governo leghista).

Insomma, in Veneto ed in Lombardia, il PDL è oggi una sorta di partner minore della Lega Nord, sia sotto il profilo dei consensi, sia sotto il profilo dei contenuti.

Una disfatta vera e propria per un partito che fino a tre anni fa, in quelle zone, prendeva il triplo dei voti che oggi gli sono accreditati ed esprimeva due governatori su tre. Ma il vero punto politico, o se si vuole “non politico”, è che a Berlusconi pare che tutto questo non importi.

In sintesi, in 20 anni Berlusconi è stato formidabile nel creare il “contenitore” PDL e nel dargli un grande peso elettorale, ma ha clamorosamente fallito nell’ambizione di infondere in quel contenitore una qualche sostanza politica riconoscibile.

Dopo averlo fondato con la sua persona, oggi, con la scelta di non ritirarsi e di ripercorrere le stesse vie del passato, lo sta invece emarginando e, come in passato, per contare ancora qualcosa è costretto ad inseguire i leghisti nelle valli padane pur di ancorarsi a qualcuno che politica la fa per davvero.

Perché politica non è solo prendere voti (in questo Berlusconi è bravissimo): è fare qualcosa che li giustifichi agli occhi di chi te li ha dati.