Re per una notte. Da Berlusconi a Ferrando.

Pubblicato il 18 Febbraio 2013 alle 10:53 Autore: Livio Ricciardelli

Il criterio è sempre stato il seguente: il centrosinistra (che nonostante la sua forte carica ereditaria presa dell’esperienza storica del Pci da questo punto di vista ha dato un notevole contributo alla normalizzazione del sistema politico nazionale) ha sempre accettato di partecipare ad un confronto tv tra il suo leader e quello della destra (sempre Berlusconi).

Berlusconi ha sempre accettato quando si trovava in svantaggio o necessitava di farsi conoscere meglio agli occhi degli elettori (1994, 1996, 2006) mentre ha sempre rifiutato quando si trovava in testa ai sondaggi (2001, 2008).

Il dibattito infatti rischia di logorare maggiormente chi è in testa. Chi si trova in svantaggio non ha niente da perdere. Anzi. Ha un’occasione per tentare di rimontare.

E’ dunque oggettivamente chiaro che Berlusconi ha rigettato, a differenza del centrosinistra, o rifiutato la possibilità di partecipare a dei confronti televisivi a seconda della propria convenienza personale. Quest’anno invece si è creata un’anomalia in questo sistema.

Berlusconi infatti è in svantaggio. Teoricamente necessiterebbe di un confronto, che in effetti ha chiesto più volte. La grande novità di quest’anno è che per la prima volta della storia un leader del centrosinistra de facto ha rifiutato il confronto col centrodestra.

Secondo la vulgata comune Bersani ha molte qualità. Ma tra queste non pare esserci quello di essere bravissimo nei duelli tv (per quanto una scuola di pensiero ritiene che la sua tranquillità, e dunque la sua incapacità televisiva, rassicuri molto l’elettorato e lo aiuti a superare le prove più difficili. Della serie: conservatorismo compassionevole.).

Di conseguenza Bersani, con un’abile stratagemma, anziché dire apertamente “non voglio il confronto tv perché rischio di perderlo”, coerente con un’impostazione di tipo berlusconiano, ha utilizzato uno stratagemma di stampo doroteo proponendo un confronto a 6 (Bersani, Berlusconi, Monti, Ingroia, Grillo e Giannino) illogico e di fatto impossibile da organizzare.

Illogico perché non si capisce perché questi sei sarebbero dovuti essere i protagonisti del dibattito (il numero di voti? Se vuoi invitare solo chi supera una determinata soglia, per esempio il 10%, non dovresti invitare né Ingroia né Giannino. Occorre invitare tutti? Questi sei non rappresentano tutte le liste o coalizioni in campo ecc…), impossibile da realizzare in quanto è noto a tutti quanto Grillo non voglia apparire in televisione soprattutto per eventi di questo tipo.

Bersani ha dunque legato l’esistenza o meno del dibattito di quest’anno alle decisioni altrui. Avendo rifiutato Grillo, e lo stesso Berlusconi questa formula a 6, è riuscito a evitare il confronto televisivo additando agli altri la responsabilità del forfait e cancellando l’unica vera verità: Bersani non voleva il confronto con nessun leader di coalizione, tantomeno con Berlusconi e Monti.

L’unica arma per Berlusconi a questo punto era la tribuna elettorale su Rai2 in prima serata. Come nel 2008 nella stessa sera si sarebbero succedute le conferenze stampa del PD e del PdL.

Ma la presenza di Sanremo è stata letale. E dunque Bersani ha bypassato l’evento mandando in video Franceschini, mentre Berlusconi si è dovuto accontentare di mandare il suo ideologo del momento: Renato Brunetta

In questo modo Bersani ha bypassato in maniera molto democristiana un pericolo mediatico e comunicativo (che però sarebbe stato molto gradito dalla cittadinanza), Berlusconi ha perso un’occasione per promesse mirabolanti e tentativi di recupero in extremis e le conferenze stampa sono diventate più che altro terreno fertile per i vari Samorì, Ferrando, Catone, Fatuzzo e Cuccureddu di Grande Sud.

Tutti Re per una notte.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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