I protagonisti del post elezioni

Pubblicato il 14 Marzo 2013 alle 11:55 Autore: RockEconomics

L’elettorato principale del PDL, oltre ai vecchi che non possono fare a meno di Mediaset, e ai giovani rampanti che continuano a considerare il parcheggio in doppia fila come un diritto, il suo elettorato è composto dagli imprenditori. I titolari delle piccole e medie imprese – certo non tutti, generalizzo, ma almeno una buona parte – che costituiscono la quasi totalità del tessuto industriale del Paese. Per quale ragione, secondo questo scenario? Andando per esclusione.

La sinistra non si considera: sono ostili alla libera impresa, sia per ideologia, sia per politiche pubbliche. Monti non può avere il voto, perchè mentre parla di grandi sistemi, di finanza internazionale e di debito pubblico, che il piccolo imprenditore vede lontanissimi, aumenta le tasse. È ovviamente un professore che del classico “conto della serva” non capisce nulla, ed è meglio che torni a fare il professore. Non rimane che la Lega, travolta dagli scandali legati alla famiglia Bossi e dalla romaladronizzazione della dirigenza, e Berlusconi.
Attendiamo con ansia un’alternativa, o una maggiore consapevolezza degli imprenditori che l’hanno votato.

 

–        Grillo: Il Movimento 5 Stelle rappresenta la reale novità delle ultime elezioni. Al “battesimo” delle elezioni politiche si sono affermati come il primo partito per voti ricevuti, sopravanzando il PD alla Camera, e, seguendo la retorica del M5S, facendo entrare in Parlamento la cittadinanza. Il Movimento si innesta nella corrente incarnata negli ultimi tempi dai vari movimenti “Indignados” e “Occupy”: movimenti partiti dalla gente comune, privi di una reale gerarchia, organizzati tramite la Rete, che portano avanti forti dello scontento popolare istanze di generica giustizia sociale.
Le somiglianze tra questi movimenti e il M5S tuttavia si fermano alla superficie.
Alla base dei movimenti “Occupy” c’è la distinzione identitaria tra il “99%” e l'”1%”, cioè tra i “pochi” (ricchi) e i “molti” (non ricchi) vecchia quanto la politica stessa. Secondo questa distinzione, due ricchi e anziani imprenditori – uno proveniente dal mondo dell’entertainment e l’altro da una florida carriera nel marketing e nella comunicazione – sarebbero ascritti senza appello nell'”1%”. Per il M5S, invece, Grillo e Casaleggio sono leader da seguire.
L’assenza di gerarchia e l’organizzazione orizzontale via web è possibile fin quando non emergono dei leader, che finiranno per contendersi la leadership sull’intero movimento, come succede in qualsiasi fenomeno sociale “fluido”, che per passare ad un’azione efficace deve necessariamente organizzarsi e canalizzare le proprie energie. Nel M5S di tutto ciò rimane solo il web: lo spazio destinato alla discussione è il blog di Grillo, il quale è anche il presidente del Movimento (come da atto costitutivo, lo stesso atto secondo cui suo nipote ne è vicepresidente, e segretario risulta il commercialista Enrico Maria Nadasi), e de facto ne detta le linee programmatiche in virtù del carisma che ha guadagnato o che gli viene riconosciuto. Nonostante quello che Grillo voglia far credere, quindi, nel M5S c’è ben poco di grassroots: il Movimento si aggrega intorno a Grillo fin dall’inizio, e ne dipende esclusivamente (titolarità e gestione del marchio e del sito internet sono interamente in capo a Grillo).
Esempi eclatanti della effettiva mancanza della democrazia interna al Movimento (declinata nella “consultazione costante” che dovrebbe attivarsi tra i membri, e portare a delle decisioni) si sono visti negli ultimi tempi, primo tra tutti il caso riguardante l’alleanza del PD. La base elettorale del Movimento è stata molto chiara in proposito, sia tramite l’organizzazione di petizioni online, raccolte di firme e affini, sia commentando duramente i post di Grillo sul suo blog, invitandolo all’apertura e a non buttare via con l’isolamento il risultato raggiunto e la possibilità di influenzare pensantemente l’azione di un Governo Bersani. Persino alcuni degli eletti alla Camera, lasciandosi sfuggire qualche dichiarazione, non si ritenevano a prescindere contrari ad una collaborazione con il PD: in merito a questo, Grillo ha pensato bene di proibire a tutti gli eletti tranne i capigruppo di Camera e Senato di rilasciare dichiarazioni (http://www.lastampa.it/2013/03/07/italia/politica/grillo-solo-i-capigruppo-titolati-a-parlare-a-nome-dei-cinque-stelle-7OJw23UIJS0I1s2mRBataI/pagina.html). Lo stesso Grillo che non ricopre alcuna carica, e che secondo il “non-statuto” non potrebbe nemmeno essere eletto, in quanto condannato nel 1988 per omicidio colposo.

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