Movimento 5 Stelle da watchdog a partito

Pubblicato il 27 Marzo 2013 alle 10:26 Autore: Matteo Patané

È fuor di dubbio che la politica italiana sia – e lo sia da tempo – un ostacolo alla crescita e allo sviluppo del Paese anziché esserne il volano. Burocrazia, clientelismo, corruzione, politiche economiche dissennate, sono tutti macigni che pesano su imprese e lavoratori italiani, e tutte le forze politiche “classiche”, vuoi per ignavia vuoi per effettiva complicità a mantenere e diffondere un sistema fondato sul malaffare, hanno la loro parte di responsabilità.

Ritenere tuttavia che qualsiasi attività di governo – o quantomeno legislativa in un contesto di reale partecipazione al cambiamento del Paese – debba essere subordinata all’eliminazione della classe politica o addirittura ad un radicale mutamento del sistema politico, è un’affermazione molto più forte.

Calata in un contesto reale, significa subordinare al pensionamento di Berlusconi e Bersani una legge che tuteli chi ha perso o sta perdendo il lavoro, chi desidera aprire un’impresa, chi voglia avere giustizia in un processo in tempi ragionevoli, chi desideri difendere un luogo di pregio naturalistico o artistico dal cemento, chi lotta quotidianamente contro la criminalità organizzata.

Secondo il MoVimento 5 Stelle è impossibile in sostanza realizzare in collaborazione con il PD – si parla del PD perché nell’attuale parlamento sono i democratici ad avere la golden share – leggi che consentano in sostanza ai cittadini di sopportare meglio la crisi e consentano al Paese di uscirne, e anzi la realizzazione di simili leggi deve essere subordinata al raggiungimento della maaggioranza assoluta da parte del M5S.

L’affermazione è vera? A rigor di logica, no. Anche non aprendo nessuna linea di credito al PD e ragionando in termini di pura forza numerica del MoVimento 5 Stelle, emerge come i grillini abbiano una massa critica tale da poter imporre i propri desideri in piena tranquillità, soprattutto se il PD – secondo la linea tenuta finora – rifiuta l’appoggio del PdL. La rottamazione dei partiti, in sostanza, non è una condizione strettamente necessaria all’impostazione di una linea politica volta alla realizzazione di quelle manovre che i cittadini chiedono a gran voce.

Subordinare quindi l’attuazione delle proprie politiche – considerando aprioristicamente impossibile una collaborazione con gli altri partiti – alla cancellazione dell’attuale sistema istituzionale non è un passaggio obbligato della storia politica del M5S, ma una precisa scelta di campo, del tutto legittima ma che deve essere esplicitata: il M5S è in Parlamento per scardinare il sistema politico, e non – o almeno solo in subordine – per rispondere alle esigenze immediate dei cittadini.

L’evoluzione del M5S è in questo evidente: non più watchdog della politica, non più moralizzatore della politica, ma una sorta di angelo della morte per i partiti. Fino a non molto tempo fa, Grillo non si sarebbe sottratto all’opportunità di avere la golden share su un governo e sulla grande possibilità di mettere in pratica le proprie politiche. Oggi, dietro al velo del voto di fiducia, si nasconde un mutamento molto più sottile, che vede il M5S rifiutare qualsiasi corresponsabilità nel cercare di sistemare la situazione attuale nel nome della propria purezza.

Una purezza che potrebbe però costare cara: se si dovesse assistere ad un ritorno alle urne in tempi brevi, un partito considerato indisponibile a sporcarsi le mani per governare il Paese a meno di non raggiungere da solo la maggioranza assoluta dei seggi rischia di essere percepito come inaffidabile. Se si dovesse entrare in campagna elettorale con lo schema mentale dei tre blocchi nessuno dei quali in grado di raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi, l’attuale indisponibilità a qualsiasi forma di dialogo da parte di Grillo potrebbe portare a considerare il voto al M5S, paradossalmente, come un sostegno al più rigido immobilismo anziché al cambiamento.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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