Unipol, i giudici “Berlusconi ascoltò e fece pubblicare telefonata Fassino-Consorte”

Pubblicato il 4 Giugno 2013 alle 16:45 Autore: Redazione
Berlusconi

Per i giudici della quarta sezione penale del tribunale di Milano, Berlusconi ascoltò la telefonata tra Piero Fassino e Giovanni Consorte nella quale l’allora presidente di Unipol informava l’ex leader dei Ds della tentata scalata di Bnl a Unipol. “Quella sera la registrazione audio venne ascoltata attraverso il computer, senza alcun addormentamento da parte di Silvio Berlusconi, o inceppamento del pc”, hanno scritto i giudici nelle 90 pagine  di motivazione al verdetto col quale hanno inflitto un anno di carcere all’ex premier per concorso in rivelazione di segreto d’uffici. Secondo i giudici, il Cavaliere ascoltò l’audio della telefonata per motivi elettorali, essendo Fassino “capo della parte politica avversa”.

”Il ruolo precipuo del premier – continuano i giudici – era collegato, certamente, alla strenua richiesta di Raffaelli di incontrarlo per potergli presentare personalmente il suo progetto e ottenere l’appoggio, atteso che, secondo quanto lui stesso ha affermato, non avrebbe ceduto la chiavetta se non in quella occasione. Inoltre la sua qualità di capo della parte politica avversa a quella di Fassino, rende logicamente necessario il suo benestare alla pubblicazione della famosa telefonata, non potendosi ritenere che, senza il suo assenso, quella telefonata, che era stata per altro a casa sua, fosse poi pubblicata, a prescindere dalle espressioni di soddisfazione riferite da Favata a Petessi all’epoca dei fatti”.

Berlusconi, sostengono i giudici, diede anche un contributo essenziale per la pubblicazione della telefonata sul quotidiano “Il Giornale”. “Si appalesa così quella condotta – scrivono – ulteriore al semplice ascolto della telefonata, che consiste nella fattispecie contestata a Silvio Berlusconi, senza il cui apporto, in termini di concorso morale, non si sarebbe realizzata la pubblicazione, posto che la presenza in quel luogo, e data, certamente significativa, già di per sè costituiva il passaggio necessario per l’ulteriore sviluppo della propalazione della notizia alle persone che non ne erano a conoscenza”.

Per i giudici quello fatto da Raffaelli a Berlusconi rappresentava un “regalo di Natale” per accattivarsi le simpatie dell’ex premier e ottenere una commessa in Romania.  “Violando – continuano i giudici – il dovere di segretezza imposto sui contenuti delle intercettazioni, persino secretate, come questa, trasformata in un regalo di Natale volto ad ingraziarsi l’appoggio del presidente del Consiglio al fine di ottenere la sua protezione”. L’intercettazione, che non era stata nemmeno ascoltata dai pm, venne portata da Roberto Raffaelli, amministratore della societa’ incaricata delle registrazioni per conto della Procura, la sera della vigilia di Natale del 2005 ad Arcore. In questo modo Raffaelli intendeva garantirsi l’appoggio del premier per una commessa in Romania. Cinque giorni dopo la telefonata, penalmente irrilevante, venne pubblicata su “Il Giornale”. 

Le reazioni – “Motivazioni immotivate, fondate su un fantomatico concorso morale” è stato il commento del capogruppo Pdl al Senato Renato Schifani. Più duro l’avvocato del premier Ghedini: “Le motivazioni della sentenza riguardante la cosiddetta vicenda ‘Unipol’, dimostrano ancora una volta la impossibilità di celebrare dei processi a Silvio Berlusconi a Milano. Tale decisione appare ancor più straordinaria visto che ad un incensurato si negano non solo le attenuanti generiche ma anche la sospensione condizionale, confermando viepiù  il pregiudizio”

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