La Seconda Guerra Fredda? Il caso Snowden dalla prospettiva cinese

Pubblicato il 1 Luglio 2013 alle 17:56 Autore: Stefano Giovannini

Contesto: la tensione sinostatunitense sulla cibersicurezza

Secondo stime ufficiali elaborate dal Centro di Coordinazione della Risposta Emergenziale della Rete Informatica Nazionale cinese e pubblicate nel marzo scorso, nei primi due mesi di quest’anno il maggiore hacker contro la Cina è stato gli USA: sui 6.747 server esteri che hanno usato malware singoli di tipo Trojan o botnet (reti infette) per colpire quasi 1,9 milioni di mainframe (sistemi centrali) in Cina, 2.194 hanno sede negli Stati Uniti d’America. Questi controllavano 1,287 miliardi di mainframe, che costituivano la fonte primaria di attacchi informatici contro la Cina. Più di 11mila siti-Web cinesi sono stati violati da 5.324 mainframe esteri tra gennaio e febbraio scorsi tramite il metodo backdoor (“della porta sul retro”). Stando ai dati del Centro per la Risposta Emergenziale Informatica Cinese affiliato al ministero dell’Industria e dell’Informatica, il 96% dei siti di phishing (“adescamento”) diretto contro i commercianti elettronici cinesi era installato su server stranieri, il 73,1% dei quali locato negli USA. I portali cinesi di notizie China.com.cn, People.com.cn e Tibet.cn hanno subito attacchi informatici da indirizzi di protocollo-Internet stranieri nei primi due mesi del 2013. In tutto sono 85 i siti-Web di istituzioni pubbliche e aziende violati tra gli scorsi settembre e febbraio. Tra essi, quelli di agenzie governative, un’autorità provinciale ispettiva, una compagnia di assicurazione e una struttura di ricerca virologica. Degli attacchi subiti da detti siti, 39 sono stati registrati da indirizzi di protocollo-Internet interni agli USA. Tra gli scorsi novembre e gennaio l’Archivio Cinese di Dati sulla Vulnerabilità Nazionale ha registrato 5.792 tentativi di violazione informatica provenienti da indirizzi di protocollo-Internet statunitensi. Ciononostante, il Pentagono negli ultimi mesi ha più volte accusato i cinesi di essere loro ad attaccare gli USA.

Fra reciproche accuse e volontà cooperative, si è approdati alle dichiarazioni attribuite a Xi Jinping (习近平), presidente della Repubblica Popolare Cinese, da Yang Jiechi (杨洁篪), Consigliere di Stato cinese, in conclusione del vertice sinostatunitense del 7-8 giugno scorsi in California: secondo Yang, Xi avrebbe detto a Barack Obama, presidente degli Stati Uniti d’America, che la Cina è un fermo sostenitore della cibersicurezza, aggiungendo che il suo Governo prende molto sul serio tale problema. Stando al consigliere, Xi avrebbe definito la Cina una vittima degli attacchi informatici. La Cina e gli USA, Xi avrebbe sostenuto, hanno di fronte sfide comuni nell’àmbito della cibersicurezza, tema sul quale urge rinnovata cooperazione invece che sospetto e frizione. I due Paesi, Yang riporta, avrebbero convenuto sull’opzione di rinforzare il dialogo, la coordinazione e la cooperazione tramite il gruppo di lavoro informatico già consolidato. Le due parti si sarebbero anche impegnate nella promozione dell’istituzione di un sistema gestionale dell’Internet globale che sia democratico e trasparente, da implementare soprattutto attraverso le Nazioni Unite, al fine di realizzare un ciberspazio pacifico, sicuro, aperto e cooperativo. L’agenzia di stampa cinese Xinhua scrive che Obama ha chiesto a Xi di fare di più per prevenire i furti di proprietà intellettuale e di altro tipo commessi dalla Cina ai danni degli USA tramite canali informatici.

Le reazioni cinesi al caso Snowden

Gli esperti pechinesi sostengono che gli USA debbano dare una spiegazione alla Cina sulle loro attività di violazione informatica e comportarsi con maggiore sincerità. Jia Xiudong (贾秀东), ricercatore in Studi statunitensi all’Istituto Cinese di Studi Internazionali, ritiene che le rivelazioni di Snowden pongano Washington in una posizione imbarazzante rispetto a Pechino, avendo mostrato come gli Stati Uniti d’America adottino due pesi e due misure in termini di cibersicurezza, adducendo accuse “ipocritiche e infondate contro la Cina”, invece che “risolvere i problemi attraverso il dialogo”. I giornalisti cinesi Liu Dan e Bi Mingxin ricordano: “Essendo la patria del World Wide Web, gli USA godono di un’ineguagliabile abilità nel lancio di attacchi informatici. L’esercito statunitense ha istituito una significativa forza, che include la 780esima Brigata di Spionaggio Militare, preposta a tale scopo”. La definizione del giornalista Ming Jinwei, che parla degli USA come del “maggior criminale della nostra epoca” è ormai celebre. Riportiamo un altro estratto di quell’articolo di Ming pubblicato il 23 giugno da Xinhua:

Washington deve una spiegazione alla Cina e agli altri Stati che avrebbe spiato. Deve condividere con il mondo la portata e lo scopo dei suoi programmi di violazione. La commedia intorno a Snowden tende a supportare la posizione cinese sull’argomento della cibersicurezza. Sia gli USA sia la Cina sia molti altri Stati sono vittime di violazioni informatiche. Nelle acque inesplorate dell’era di Internet questi Paesi devono sedersi a discutere i propri sospetti. In buona fede, possono persino lavorare per l’istituzione di determinate regole che aiutino a regolamentare le attività su Internet nonché di meccanismi che risolvano le divergenze al verificarsi di frizioni. La palla è nel cortile di Washington. Il Governo statunitense farebbe meglio a muoversi per dissipare le preoccupazioni degli altri Stati.

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L'autore: Stefano Giovannini