La Seconda Guerra Fredda? Il caso Snowden dalla prospettiva cinese

Pubblicato il 1 Luglio 2013 alle 17:56 Autore: Stefano Giovannini

Lo stesso giorno Hua Chunying (华春英, f.), portavoce del ministero degli Esteri cinese, dice che la Cina è “molto preoccupata” riguardo agli attacchi informatici perpetrati dalle agenzie governative statunitensi contro la Repubblica Popolare svelati dalle recenti pubblicazioni mediatiche. Nello specifico, il commento della Hua è la risposta a un giornalista che le chiede un’opinione sulle violazioni informatiche subite da operatori telecomunicativi e dall’Università Qinghua (清华, più nota colla vecchia trascrizione “Tsinghua”) di Pechino. I rapporti, la portavoce afferma, “hanno provato ancora una volta come la Cina sia vittima di ciberattacchi, ragion per cui abbiamo già presentato le nostre rimostranze agli Stati Uniti”. Nel ribadire che la Cina è contraria all’uso delle violazioni informatiche, la Hua aggiunge: “Vogliamo rafforzare il dialogo e la cooperazione colla comunità internazionale in uno spirito di mutuo rispetto, al fine di salvaguardare la pace e la sicurezza nel ciberspazio”.

Il 27-28 giugno 2013 a Pechino si tiene il Forum Mondiale per la Pace, occasione in cui esperti divulgano le proprie opinioni sulle questioni relative alla cibersicurezza post-Snowden. Fra gli altri partecipanti, l’ex-ambasciatore statunitense in Cina J. Stapleton Roy sostiene che molti Stati stanno diventando vulnerabili agli attacchi informatici e che tale questione è divenuta una priorità per i governi di numerosi Paesi. Inoltre, continua Roy, la cibersicurezza è una delle maggiori fonti d’irritazione in molti rapporti bilaterali, ledendo la fiducia reciproca e l’amicizia fra le nazioni. Chen Xiaogong (陈小工), membro del Comitato per gli Affari Esteri del Congresso Nazionale del Popolo, descrive il ciberspazio come un nuovo campo di battaglia e avverte che se i Paesi consentono il verificarsi di una corsa agli armamenti informatici, ciò potrebbe causare danni peggiori di quelli di una guerra nucleare. Altri esperti ritengono che, data l’urgenza di contenimento del disordine ciberspaziale e d’istituzione di adeguate norme internazionali, la comunità internazionale sia in grado di raggiungere entrambi gli obiettivi. Alcuni notano come la Cina e gli Stati Uniti, cioè le due maggiori economie mondiali, abbiano posto il problema della cibersicurezza in cima alle loro priorità cooperative, il che sarebbe dimostrato dalla conversazione sull’argomento che si sarebbe tenuta tra Obama e Xi nel vertice californiano del 7-8 giugno scorsi. Non solo: i due Stati avrebbero implementato un gruppo di lavoro specializzato sulla cibersicurezza e deciso di tenere incontri ad alto livello in luglio. Ciononostante, le preoccupazioni di Pechino in séguito alle rivelazioni di Snowden sono gravi. “Gli Stati Uniti – Jia Qingguo (贾庆国), professore di Relazioni internazionali all’Università di Pechino, spiega – vogliono una rapida soluzione al problema e minimizzarne l’influenza negativa sui rapporti colla Cina. Ma il punto è quanto i due Stati riusciranno a progredire tramite il dialogo strategico ed economico previsto per luglio: se faranno passi avanti notevoli, allora l’impatto negativo esercitato dalle rivelazioni di Snowden sui legami bilaterali svanirà in fretta”. Ciò che, secondo gli esperti, Pechino e Washington devono impegnarsi a realizzare è terreni più ampi di cooperazione cibernetica. I due Stati, gli esperti sostengono, hanno molti interessi comuni per quanto concerne la deterrenza degli attacchi informatici agli apparati infrastrutturali, militari e financo nucleari, poiché tali violazioni non sarebbero meno terribili del terrorismo. Sul fronte dei programmi di spionaggio-Internet, gli esperti dicono, ambo le parti necessitano di definire chiari limiti demarcanti l’àmbito degli attacchi rispetto a quello della raccolta informativa. Chen ritiene che la cibersicurezza sia un obiettivo multilaterale piuttosto che bilaterale, irraggiungibile tramite la cooperazione esclusiva sinostatunitense. Pertanto l’esperto suggerisce che le Nazioni Unite e le altre organizzazioni globali siano usate dai vari Stati quali piattaforme per l’implementazione di obiettivi multilaterali in campo cibersicurtario e l’elaborazione di norme ad hoc.

 

Stefano Giovannini

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