Quei sostegni ambigui a Matteo Renzi

Pubblicato il 10 Settembre 2013 alle 14:56 Autore: Matteo Patané

La candidatura ufficiale di Matteo Renzi a segretario del Partito Democratico ha avuto il paradossale effetto di chiudere una pagina della storia del PD che ancora si faticava ad aprire.
È infatti innegabile come la popolarità del sindaco di Firenze sia oggi estremamente alta, soprattutto rispetto a tutti gli altri candidati alla segreteria.

Al di là delle reali posizioni politiche di Renzi, al di là persino della sua fama di rottamatore, è oggi l’immagine vincente che accompagna il giovane sindaco ad aprire la strada verso una sua probabile vittoria alle primarie: Renzi viene percepito come l’ultimo e l’unico leader vincente, l’ultima risorsa per un elettorato che non ci sta più a perdere un appuntamento elettorale dopo l’altro.

La mancata vittoria elettorale di febbraio e il rospo dell’alleanza forzosa con il PdL sono ferite ancora aperte nell’elettorato dem, sulle cuali viene versato sale ad ogni decisione impopolare, ad ogni cedimento nei confronti dell’alleato berlusconiano, ad ogni remissività, ad ogni allontanamento dal proprio programma elettorale e dalla propria ideologia.

La forza e la popolarità della candidatura di Renzi sono misurabili anche dal numero di sostegni ricevuti dall’attuale dirigenza del partito, che con una mossa tipicamente italiana cerca di ritagliarsi uno spazio all’ombra del prossimo, probabile, vincitore.
Non stupiscono quindi più di tanto i recenti endorsement che il sindaco ha ricevuto da Veltroni e addirittura da Fioroni e Franceschini,  ma di certo non possono lasciare indifferenti, se si pensa come questi stessi personaggi – assieme ad altri che nei giorni scorsi hanno espresso il proprio appoggio al sindaco di Firenze – abbiano attaccato Renzi prima, durante e dopo il periodo delle primarie per la Presidenza del Consiglio perse  contro Pierluigi Bersani.

Conversione di massa al renzismo dunque?

Viene difficile crederlo. Semmai salto sul carro del – quasi – sicuro vincitore. Più di una punta di veleno contengono infatti le parole di Dario Franceschini:

Se come ha detto in questi giorni, Matteo Renzi lavorerà per innovare e unire, e non per dividere, sono pronto a votare per lui.

Come si misura l’unità del partito? In questa breve definizione si possono aprire praterie sterminate, ma non sono pochi a pensare che il messaggio in codice di Franceschini a Renzi sia un’adeguata rappresentazione della sua corrente nei futuri assetti del PD.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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