“Limiti il gioco d’azzardo? Meno fondi” Scivolone Pd, Renzi: “Correggere subito”

Pubblicato il 19 Dicembre 2013 alle 17:56 Autore: Gabriele Maestri
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Scivolata molto pesante del Pd sulle slot machine, che si inserisce in un clima già pesante per i tagli presenti nella legge di stabilità che servono per tenere in ordine i conti nazionali ma hanno fatto infuriare Regioni e Comuni. Nella conversione del decreto “salva Roma” il Nuovo centrodestra ha proposto (attraverso la senatrice Federica Chiavaroli) un emendamento che sembra ridurre i trasferimenti statali agli enti locali che adottino regolamenti per limitare la diffusione di slot machine videolottery, quando le limitazioni riducano il gettito o provochino liti con gli operatori del settore.

IL TESTO DELLA DISCORDIA – Per essere aderenti al testo, si dovrebbe dire che, se le Regioni o gli enti locali dettano regole “non coerenti con l’assetto regolatorio statale di settore” (evidentemente si parla di regole più restrittive) in materia di “giochi pubblici riservati allo Stato”, occorre vedere se in base a quelle regole lo Stato incassa meno oppure ha maggiori spese “anche a titolo di eventuale risarcimento del danno nei riguardi dei concessionari statali per la gestione della raccolta dei giochi pubblici”. In queste ipotesi, scatterebbero riduzioni dei trasferimenti pari alle minori entrate o maggiori spese: ciò “in coerenza con il principio di perequazione ed equilibrio finanziari tra livelli di governo”.

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Per la proponente, ovviamente, non c’è “nessun intento punitivo nei confronti degli enti locali che adottano misure restrittive sul dilagare del gioco d’azzardo”, ma si vorrebbe soltanto convocare un tavolo tra il governo ed gli enti locali per chiarire la distribuzione di competenze in materia ed “evitare che si ingenerino contenziosi che rischiano di essere numerosi a carico dello Stato e fronteggiare la diminuzione di gettito che sta già avvenendo”. Posto che l’intervento della Chiavaroli mette in chiaro un principio – i soldi che non arrivano dalle slot machine devono saltare fuori da altre parti – il tono della disposizione sembra tutt’altro rispetto alla sua spiegazione.

LE REAZIONI – A reagire per primi, con indignazione, i parlamentari del MoVimento 5 Stelle, altri esponenti dell’opposizione (da Sel alla Lega Nord), fino a Scelta civica. Si sono fatti sentire subito anche gli amministratori locali, primi destinatari della norma: se il presidente della provincia di Rimini, Stefano Vitali, scrive che “Un abominio del genere si è visto poche volte nella storia della Repubblica” e per il presidente calabrese della commissione regionale contro la ‘ndrangheta Salvatore Magarò“Il governo vuole fare cassa con il gioco d’azzardo”, molte accuse prendono di mira il Pd, che ha votato quell’emendamento.

Roberto Maroni gioco d'azzardo

Lo fa, per esempio, il leghista Roberto Maroni, per il quale l’emendamento è una vergogna: “Il nuovo corso di Renzi: favorire il gioco d’azzardo e bastonare le Regioni che lo contrastano – scrive su Facebook -. La potente e ricchissima lobby delle slot e del gioco d’azzardo ha colpito ancora. Ostacoli le slot machines nel tuo territorio? Lo Stato ti taglia i trasferimenti di denaro”. Maroni, in effetti, tocca Renzi sul vivo; anche perché, per dire, tra i suoi maggiori sostenitori ci sono anche molti degli eletti che da tempo si battono (come Giuseppe Pagani in Emilia Romagna) per la lotta al gioco d’azzardo, anche sul piano normativo.

Renzi gioco d'azzardo

In effetti Matteo Renzi non rimane muto: prima affida un commento a Twitter (“Non posso spiegarlo perchè è inspiegabile. Ho chiesto al Pd di rimediare”), poi è più chiaro con il periodico Vita: “E’ pazzesco, allucinante. Ho chiamato Lorenzo Guerini, coordinatore della segreteria che ha già parlato con Roberto Speranza e stanno cercando tecnicamente una soluzione: o un ordine del giorno o altro perché è stata votata una cosa inaccettabile”. Al passaggio alla Camera, c’è da starne certi, sarà battaglia.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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