Spaccata a metà l’Ucraina della transizione: tank russi mobilitati in Crimea

Pubblicato il 26 Febbraio 2014 alle 16:19 Autore: Guglielmo Sano

Le autorità di Kiev avevano annunciato che, il nuovo governo, avrebbe potuto vedere la luce già oggi: invece, l’esecutivo di unità nazionale per guidare la transizione al dopo-Yanukovich – ex Presidente nei confronti del quale è stato spiccato un mandato di cattura internazionale, per i morti degli ultimi giorni di scontri nella capitale e per il quale la Rada ha richiesto, al Tribunale penale dell’Aja, di istruire un processo per crimini contro l’umanità – con molta probabilità, quasi certezza, verrà presentato domani in Piazza Maidan alle 19 (18 italiane).

I nomi più accreditati, per ricoprire la carica di Premier, sono quelli di Arseniy Yatseniuk, uomo di fiducia dell’oligarca e a sua volta ex-premier Yulia Tymoschenko, e di Petro Poroschenko, imprenditore “re del cioccolato” e deputato. A vagliare le candidature ministeriali sarà una “veche”: una sorta di assemblea popolare modellata in base ad antiche tradizioni slave che si riunirà in Maidan Nazalezhnosti alle 17 (le 16 italiane).

In ogni caso i candidati scelti dovranno rispettare dei rigidi criteri per essere selezionati: innanzitutto non aver esercitato incarichi politici dall’inizio del 2010 – l’era Yanukovich per capirci – alta statura morale – per cui niente coinvolgimento in casi di corruzione o violazione dei diritti umani – minimo sette anni di esperienza nei rispettivi campi, ridotti a 5 per quando riguarda gli aspiranti ministri dell’Interno, della Difesa o dei Servizi di Sicurezza. Oltre ad aderire ai principi sanciti dall’insurrezione, i candidati alle cariche di governo, non devono rientrare tra i cento più ricchi del paese.

Nel frattempo Oleksandr Turcinov – premier provvisorio, presidente del Parlamento e soprattutto presidente della Repubblica ad Interim – ha assunto anche la carica di capo delle forze armate in qualità di Capo dello Stato, almeno fino al 25 Maggio ovvero fino alle elezioni presidenziali. Lo stesso Turcinov ha colto l’occasione per denunciare il pericolo del separatismo, sempre più pressante nelle regioni orientali ucraine e filo-russe: gli hanno fatto eco gli ex-presidenti Kravchuk, Kuchma e Iushenko che hanno denunciato delle fortissime ingerenze russe in Crimea.

Ieri da Mosca, infatti, è arrivato un ordine che potrebbe rendere nuovamente incandescente la situazione ucraina: direttamente dalla base russa sul Mar Nero, in Crimea, sono stati inviati dei carrarmati a presidiare non solo il centro di Sebastopoli ma anche le vie di accesso alla maggiore città della Crimea, tra l’altro sede dell’ultimo presunto avvistamento di Yanukovich.

Mossa a sorpresa che ha spiazzato buona parte dell’opinione internazionale: il ministro degli esteri di Putin aveva sì condannato le proteste e il “colpo di stato” di Kiev – soprattutto per non aver rispettato gli accordi firmati il 21 Novembre dalle forze di opposizione con Yanukovich e che prevedevano elezioni presidenziali solo dopo una riforma costituzionale prevista per Settembre – a aveva anche ribadito che, la Russia, non sarebbe intervenuta in questa fase politica.

Molti analisti adesso pensano che Putin, come ha fatto in Ossezia del Sud (Georgia) nel 2008, potrebbe marciare su Kiev dopo aver conferito la cittadinanza agli abitanti della regione, donata da Kruschev all’Ucraina nel 1954: un eventuale intervento sarebbe giustificato a quel punto dalla necessità di difendere i propri cittadini.

D’altronde gli abitanti della Crimea sono, o comunque si sentono, russi: la regione è russofona, russa è anche l’etnia maggioritaria. Finché si stava tutti sotto l’ombrello sovietico, la Crimea era russa, per così dire, anche se amministrata da Kiev: con l’indipendenza, invece, si sono acuite delle profonde divergenze con il governo centrale che dopo le ultime proteste, al momento, sembrano diventate irrecuperabili (uno dei primi provvedimenti del governo è stato quello che toglieva al russo ogni ufficialità riconosciuta come lingua delle minoranze). Quindi mentre a Kiev si abbattono statue di Lenin e dalla guglia della Rada viene smantellata la stella sovietica, a Sebastopoli neanche si pensa a toccare il faccione del padre della Rivoluzione d’Ottobre posto sull’arco bianco all’ingresso della città.

Sempre a Sebastopoli si è costituita la Samooborona, una sorta di brigata di autodifesa popolare nella quale possono arruolarsi tutti gli under 50, che è già pronta a difendere la regione dai “banditi” di Kiev: ultimamente hanno impedito alla polizia, mandata dai “golpisti” e “nazisti”, di arrestare l’imprenditore filo-russo, Alexei Chalyi, acclamato sindaco a furor di popolo.

Restano molti quelli che pensano che l’intervento armato in Ucraina da parte di Mosca non ci sarà: a Putin basterà continuare a minacciare economicamente – “non siamo obbligati a versare i 12 miliardi promessi all’Ucraina nel Dicembre 2013” ha dichiarato il suo vice-ministro all’economia Storchak – il ministro delle finanze di Kiev Kobolov.

Intanto nelle città della Crimea si alzano bandiere russe e si chiede l’annessione.

Tanto per stare sicuri, Washington, ha mandato un piccolo contingente di Marines a difesa della propria ambasciata di Kiev.




L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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