Scandalo Mose: dagli imprenditori tangenti da 100 milioni all’anno

Pubblicato il 9 Giugno 2014 alle 12:47 Autore: Daniele Errera

Mentre la magistratura opera, la stampa ricostruisce e mette al corrente i lettori circa l’ultimo grande scandalo corruttivo: l’affaire Mose che tante polemiche e reazioni sta causando nel mondo politico. Le tangenti per comprare i politici erano la base da cui partire. Poi favoreggiamenti, appalti facili e via dicendo: una storia senza fine per l’Italia della raccomandazione. Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani Spa e capofila del Consorzio Venezia Nuova, torna a parlare del sistema alle spalle del ‘MOdulo Sperimentale Elettromeccanico’, la grande opera a difesa del capoluogo veneto: “tangenti e consulenze e contratti a tutti. Se si mettono in pila fanno un miliardo di euro e non sono serviti al progetto Mose, solo a rafforzare il Consorzio Venezia nuova nella città, nei rapporti con la politica, locale e romana”.

mazzacurati

La cifra delle ‘mazzette’ era altissima: i soli imprenditori pagavano al Consorzio 100 milioni all’anno. Baita fa tornare in scena il nome di Giovanni Mazzacurati: “decideva tutto” lui. E continua dalle colonne de La Stampa e de Il Mattino: “attorno al Mose si è sviluppata la piovra del consorzio. Lo costituivano le aziende, ma le aziende lo subivano”. Baita, detenuto con l’accusa di false fatturazioni, carica sul padre del regista Carlo Mazzacurati, scomparso pochi mesi fa: Giovanni “mi aveva battezzato subito”, sostiene l’ex Presidente della Mantovani Spa, evidenziando il metodo truffaldino: “un extra dei vostri ricavi ritorna al consorzio, lo useremo per facilitare il percorso dell’opera”, gli avrebbe confidato Mazzacurati, la cui aggregazione “dal 1992 ha subito una mutazione genetica. Iniziano ad andare via i soci fondatori, le grandi imprese”, fino ad arrivare alla guida Mazzacurati (2003). Da qui l’inizio dei conflitti con le imprese: queste “non sopportano una struttura che guadagna il doppio e non serve a niente. Il sistema è crollato da solo, era inevitabile che finisse così. Non a caso è crollato proprio quando il Mose è praticamente finito, perché gli imprenditori ora che i lavori sono conclusi volevano finire di pagare. E il Consorzio Venezia Nuova voleva invece che si continuasse”.

cantone

Sulla vicenda è intervenuto, l’altro ieri, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Come noto è, al contempo, segretario nazionale del Partito Democratico e qui ha attaccato i suoi amministratori sostenendo come chi rubi “deve essere cacciato a calci nel sedere” e come “alcune responsabilità vi siano anche all’interno del Pd”. E qui vanno evidenziate le altre confessioni di Baita: “avevamo deciso che per quello che riguardava il Pd i soldi venivano dati tramite Co. ve. co usiamo la parola ‘bianco’, con regolare fattura, con somme registrate. Quando c’era la campagna elettorale si attivavano i ‘doppi binari’ ”. Il presidente della Mantovani Spa aggiunge: “tanto finanziavamo ufficialmente, tanto finanziavamo in nero”. A volte addirittura assieme, andando a gonfiare il bottino dei comitati elettorali. Insomma, una vicenda ancora parzialmente oscura ma che, volta dopo volta, sembra schiarirsi sempre più ed aprire nuove svolte incredibili. I poteri – sul caso Mose – che il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, prenderà possesso venerdì prossimo, serviranno a fare luce sull’intricata vicenda.

Daniele Errera

L'autore: Daniele Errera

Nato a Roma classe 1989. Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali con la tesi "Dal Pds al Pd: evoluzione dell'organizzazione interna". Appassionato di politica, ha ricoperto vari ruoli nel Partito Democratico e nei Giovani Democratici. E' attivo nell'associazionismo territoriale.
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