Equilibri politici e corsa allo spazio

Pubblicato il 7 Agosto 2012 alle 10:37 Autore: Matteo Patané
equilibri politici

Gli Stati Uniti, in questo senso, sono sicuramente all’avanguardia, potendo contare su una tradizione di esplorazione spaziale estremamente solida e possedendo – attraverso la NASA – la leadership fattuale su pressoché ogni missione spaziale.
La Russia, dal canto suo, può contare su un background ancora più solido di quello statunitense, ma la dissoluzione dell’Unione Sovietica ed il relativo caos del periodo successivo hanno drasticamente ridimensionato le credenziali russe nella corsa allo spazio, in questo momento relegando l’ex-colosso di Mosca a ruoli piuttosto marginali e di supporto. Non è tuttavia da escludersi un ritorno sulla scena in grande stile: la Russia è un paese in ripresa, in una fase di relativa espansione interna, ed il ritardo rispetto ad altre potenze emergenti può essere facilmente colmato grazie al vasto know-how retaggio dell’epoca comunista.
Spostando lo sguardo proprio verso i Paesi emergenti, Cina in primis ma anche India e Brasile, si nota in effetti un certo gap rispetto agli USA di fatto maggiore di quanto i tassi di crescita e sviluppo interni lascerebbero intuire. Da un lato, naturalmente, la posizione consolidata degli Stati Uniti al vertice del mondo tecnologico tende di per sé a smorzare – in termini di brevetti già occupati, per fare un esempio – qualsiasi tentativo di colmare il divario; dall’altro, ed è forse un fattore più importante ancora, lo sviluppo interno di questi Stati assorbe le loro energie ad un punto tale da rendere per il momento semplicemente poco interessante una corsa allo spazio in piena regola. In particolare è la Cina che pare aver preso una strada completamente differente di controllo delle risorse, una strada forse più rapida – l’acquisizione di sterminate distese in Africa colme di ricchezze naturali, il controllo di vie commerciali di mare e di terra – ma che potrebbe a lungo termie rivelarsi non altrettanto lungimirante.
E l’Europa? Attraverso l’ESA, il nostro continente è sicuramente in primo piano dal punto di vista scientifico, e anche da quello tecnologico l’apporto offerto dagli Stati Europei è sicuramente di primissimo livello. Ciò che tuttavia manca all’Europa, la grande mancanza della UE in grado di riflettersi persino su questo ambito all’apparenza così marginale, è una governance in grado di offrire stabilità e prospettive a lungo termine in una corsa allo spazio con tutti i crismi. L’alleanza, pur naturale, con la NASA pone l’Europa in una sorta di sudditanza – reale e psicologica – che la relega ad un semplice ruolo di spalla, di appendice della superpotenza d’oltreatlantico, incapace di portare avanti un proprio programma, di quell’organizzazione e di quella lungimiranza necessarie per presentarsi come concorrente credibile e accreditato.

Il futuro del pianeta non si gioca solo nel board della BCE o nella manipolazione dello spread: a medio e lungo termine l’apertura di vie di approvigionamento extraplanetarie – di cui le risorse minerarie marziane sono solo l’esempio più concreto, ma a cui si potrebbero aggiungere in futuro l’acqua dolce estratta dalle comete o l’energia solare convertita in elettricità direttamente nell’orbita terrestre – costituirà una vera e propria cesura nella storia stessa dell’uomo. Riuscirà la vecchia Europa a trovare quell’unità di intenti necessaria a vivere quel momento decisivo da protagonista?

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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