Termometro Finanziario: quali temi economici domineranno l’attenzione dei mercati nei prossimi mesi?

Pubblicato il 27 Agosto 2012 alle 11:38 Autore: Giovanni De Mizio
termometro finanziario

Il Paese è diventato presto degno di osservazione, ma la sua crescita ha beneficiato i bianchi sui neri, a dimostrazione che se l’apartheid legale è finito, quello culturale ed economico continua a creare ingiustizie e tensioni: le varie stragi di minatori di questi giorni e le lotte fra sindacati storici e quelli più recenti sono la dimostrazione più lampante del fallimento del partito al potere, l’ANC, incapace, fra corruzioni e abusi di potere, di combattere la povertà. Conclude l’analisi dei BRICS la Russia, ben avviata a copiare il modello di sviluppo cinese. Come la Cina, anche la Russia è diventata membro del WTO, ovvero il club dei Paesi con economia di mercato certificata. L’ironia è obbligatoria: la libertà di espressione resta a livelli cinesi, mentre l’economia è in mano a oligarchi e corporation simpatici al governo del leader eterno Vladimir Putin. I risultati di questa novità, a parità di altre condizioni, sono vari: crescita economica più sostenuta (a beneficio di quali fasce della popolazione è tutto da vedersi), prezzi più bassi per i consumatori, visto che le industrie russe, in molti settori, non reggeranno la concorrenza di quelle estere, e infine trasformazione del Paese in un’economia d’esportazione di gas e petrolio, a vantaggio dei soliti noti, a cominciare dalla tentacolare Gazprom.

Merita una menzione “folkloristica” l’Argentina: il Paese, visto come esempio da molti economisti “alternativi” e da ciarlatani di ogni risma, si avvia verso il default più comico della storia. Il Paese, già parìa sui mercati internazionali per via del default di inizio secolo, ha seri problemi di inflazione, ormai non più occultabili dal bianchetto governativo; diversi governi locali sono a un passo dalla bancarotta; la crescita economica degli ultimi anni ha beneficiato poche persone (quelle ricche), non la collettività, e questo si è tradotto in perdita di competitività che ha rapidamente eroso l’avanzo commerciale; per ovviare al problema il governo ha saccheggiato le riserve della Banca Centrale e ne ha stuprato l’indipendenza, costringendola a sostenere le politiche governative ad ogni costo (inflazione al 20% compresa); come in una barca che affonda i topi scappano, in Argentina stiamo assistendo a un forte deflusso di capitali verso l’estero, costringendo il governo della señora Kirchner a ridurre le libertà personali degli argentini che cercavano un riparo prima dell’alluvione, introducendo controlli valutari a sostegno del peso argentino, il cui cambio, al mercato nero, è già metà di quello ufficiale; e se i capitali sono in fuga, ovviamente, gli investimenti ne risentono e il sogno di rilancio dell’economia basato sullo scisto bituminoso (in soldoni, petrolio) rischia di rimanere lontano dalla realtà, specie se gli investitori esteri vengono nazionalizzati (è il caso di YPF, compagnia petrolifera, che inspiegabilmente non effettuava investimenti, nonostante il governo le pagasse un barile di petrolio ben la metà del prezzo di mercato). Il caso argentino andrà seguito, specie se certe frange dello spettro politico italiano, specie dopo un buon risultato elettorale, continueranno a vedere un modello da seguire in tale desolante realtà.