Lavorare meno, lavorare tutti

Pubblicato il 4 Marzo 2013 alle 11:31 Autore: L Undici

Le finte coalizioni non sono tutte uguali, o meglio ve ne sono di due tipi. L’una crolla per motivi ideologici, l’altra per meri interessi materiali. Entrambe sono deleterie per la nazione, entrambe non rispettano il patto con gli elettori, prima ancora che tra i componenti delle stesse; ma mentre la prima si può sanare, la seconda è, senza dubbi, da estirpare (come erba maligna).

Quest’ultimo concetto introduce un altro argomento, la criminalità organizzata. L’alto numero di comuni sciolti per infiltrazioni mafiose e gli scandali relativi ai vertici ci dimostrano che le organizzazioni criminali sono entrate nella politica. A quando risale il primo ingresso, non è dato sapere con certezza, ma con certezza si può dire che quell’erba maligna ha attecchito su un terreno fondato sulla corruzione. Mi sovviene una pagina della storia trascritta in un libro – Le macerie di Napoli – che mi ha aiutato a comprendere i sedimenti psicologici di alcuni personaggi. Ne riporto un passo significativo.

 Tecnica della corruzione. «Per reato di corruzione s’intende la compravendita di voti, singoli o a pacchetti, in cambio di denaro, posti di lavoro e altro. È un reato che sta al voto di scambio come l’illegalità sta alla raccomandazione» precisa con puntiglio Nicola Quatrano. Non gli piace che i giornali parlino sbrigativi di voto di scambio: si confonde con il clientelismo, vecchia forma della politica meridionale. «In democrazia il voto è sempre uno scambio. Se un candidato promette migliori condizioni di vita, qualche elettore certo lo voterà e il suo voto sarà stato uno scambio con l’aspettativa dei vantaggi che ha promesso. Ciò è del tutto lecito. Diversa la corruzione diretta dell’elettore, quando in cambio del voto si offre qualcosa di immediatamente personale. L’elettore in quel momento è considerato dalla legge un pubblico ufficiale, in quanto partecipe del corpo di cittadini chiamato a svolgere una funzione costituzionale. Offrirgli soldi, impieghi, incarichi, oggetti, eccetera, significa tentare di corrompere un pubblico ufficiale.»

Spero che queste notizie possano contribuire a sgombrare il campo dalle nubi più fitte, ad avere un approccio tale da poter portare la politica al suo ruolo elettivo, fino a coinvolgere ogni cittadino nel suo legittimo ruolo dialettico. Per realizzare questo concetto bisogna creare delle basi molto solide. Il primo passo, cioè la priorità assoluta senza la quale crolla tutto il ragionamento fatto finora, è uno solo: il lavoro per tutti, tutti indistintamente.Qualunque programma elettorale che non ponga tale questione come prioritaria, sarà fallimentare in origine. Non si può pensare di vivere sereni, sapendo che tanti nostri connazionali – attualmente circa 3 milioni – siano senza lavoro, che la disoccupazione giovanile abbia superato il 37%.

Spaccanapoli, strada simbolo della città di Napoli

Non molto tempo fa, mi trovai a rivolgere alcune domande a tre fratelli napoletani, Carlo, Amedeo e Federico, rispettivamente di trentaquattro, trentadue e ventinove anni, tutti e tre tecnici informatici. Conoscevo già la loro storia, simile a tante altre oggi e non solo in Italia, ma sentivo di doverli incontrare, fosse stato anche solo per parlare un po’. Ma ovviamente non fu così. Superati i convenevoli, durante i quali mi parlarono soprattutto della loro più grande passione – il Napoli –, il discorso si orientò sulla loro condizione lavorativa. Fu a quel punto che, in vista anche delle prossime elezioni, rivolsi loro una domanda:

«Ragazzi, cosa vi aspettate dai politici che fra poco saranno eletti?» «Il lavoro per Amedeo» rispose Carlo, anticipando tutti. «Sì, il lavoro per nostro fratello» ribadì Federico, volgendo lo sguardo nel vuoto. Seguirono circa due minuti di silenzio, durante i quali rilessi più volte le altre sei domande che mi ero segnato su un foglietto; d’un tratto mi apparvero vacue, fuori luogo… lontane. Intanto sottotraccia si andava componendo il pensiero che, di lì a poco, trasmutai in domanda: «Carlo, Federico, sareste disposti a cedere un terzo dei vostri rispettivi lavori in favore di vostro fratello Amedeo?» «Sì, all’istante» rispose ancora Carlo per primo, balzando dalla sedia.

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L'autore: L Undici

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