Pd, un partito sull’orlo di una crisi di nervi

Pubblicato il 14 Aprile 2013 alle 19:17 Autore: Andrea Turco

Franceschini ipotizza una scissione del Pd, Renzi è sicuro che qualcuno all’interno del partito trami per buttarlo fuori, Barca presenta il suo manifesto di sinistra mentre Bersani rilancia il suo governo di minoranza che, escluso lui, nessuno vuole. Il caos che regna all’interno del Pd ha balcanizzato lo scenario interno al centrosinistra. Sono lontani i tempi in cui il segretario democratico, forte della vittoria alle primarie, aveva ricompattato il partito variegato di correnti (ex Ds, ex popolari e margherita) dietro alla sua istanza di “cambiamento”. Poi la “vittoria mutilata” alle elezioni ha cambiato lo scenario. L’insistenza del segretario Pd nel ricercare con ostinatezza l’accordo coi grillini e l’umiliazione incassata dopo il netto rifiuto è stata la classica goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno di rivalse e rimostranze. E così I dirigenti di lungo corso del Pd, i vari D’Alema, Franceschini, Veltroni e Bindi, messi a tacere in un primo momento da Bersani, hanno ricominciato a farsi sentire.

L’ex segretario Pd Franceschini, raccogliendo i malumori della corrente di ex popolari, ha prima ventilato la scissione del partito e poi criticato la linea dettata da Bersani: “Bisogna dialogare con il Pdl”. L’ex premier D’Alema, tra i massimi sponsor di un accordo con il centrodestra, ha visto il nemico del segretario, Matteo Renzi. “E’ stato un errore escludere Matteo” ha affermato il presidente del Copasir riferendosi alla mancata nomina del rottamatore a Grande elettore della Toscana. Un monito verso quella parte del partito più a sinistra che vede nel sindaco di Firenze la reincarnazione di Berlusconi. Rosy Bindi, in un’intervista alla Stampa, ha avvisato Bersani, in trattativa con Berlusconi: “Niente scambi sul Colle se no rischiamo di snaturare il partito”. Un fuoco di fila che ha minato le basi sempre più precarie su cui il segretario democratico poggia.

Ma la spina nel fianco più dolorosa per Bersani si chiama, Renzi. Il sindaco di Firenze, dopo il silenzio post elettorale, è ritornato nell’agone politico con rinnovato vigore. Sono state infatti le sue dichiarazioni a spaccare il partito in bersaniani e renziani. “Stiamo perdendo tempo” ha ripetuto più volte il rottamatore . Parole dure a cui Bersani ha replicato altrettanto fortemente: “Qualcuno mi ha detto che quello con il M5S è stato un incontro umiliante e questo non l’avrei accettato neanche da mio padre ma per il bene del partito sto zitto. L’arroganza umilia chi ce l’ha. E’ indecente che in questa fase si dica la politica faccia presto“. Uno scontro, quello tra Bersani e Renzi, che si ripercuote anche localmente. L’ex assessore alla Cultura di Milano, Stefano Boeri, fervente renziano, è stato infatti “fatto fuori” dal sindaco Pisapia, considerato da molti come uno dei possibili sfidanti di Renzi in un futuro nemmeno troppo lontano.

Intanto nel dietro le quinte si fa spazio il ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca, fresco di tessera Pd. Il ministro ha presentato il suo manifesto di sinistra. Un documento programmatico in cui spiega come mai “oggi l’Italia abbia bisogno di un nuovo soggetto di sinistra ancorato alla Costituzione”. Un manifesto che piace soprattutto ai “giovani turchi” che vedono in Barca l’ideale antagonista di Renzi. In Barca ripone speranza anche Vendola. Il governatore della Puglia, secondo alcune voci, sembrerebbe intenzionato a fondere Sel nel Pd. Un’operazione che se avvenisse sposterebbe il peso del partito più a sinistra e aumenterebbe il rischio di implosione di un partito sull’orlo di una crisi di nervi.

L'autore: Andrea Turco

Classe 1986, dopo alcune esperienze presso le redazioni di Radio Italia, Libero Quotidiano e OmniMilano approda a Termometro Politico.. Dal gennaio 2014 collabora con il portale d'informazione Smartweek. Su Twitter è @andreaturcomi
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