Renzi: “Finito il governo di larghe intese, Letta faccia le cose che servono”

Pubblicato il 28 Novembre 2013 alle 11:09 Autore: Gabriele Maestri
renzi finito il governo di larghe intese

Renzi: “Finito il governo di larghe intese, Letta faccia le cose che servono”

“Questo governo non può continuare ad andare avanti facendo finta che tutto sia rimasto uguale”. Non parla tanto della decadenza di ieri Matteo Renziquanto della “mutazione” subita dalla maggioranza con il passaggio di Forza Italia all’opposizione e la nascita del Nuovo Centrodestra. Intervistato da Alan Friedman per il Corriere, il sindaco di Firenze indica senza possibilità di errore la strada che dovrà seguire Enrico Letta: “Bisogna fare finalmente le cose che servono”. Sennò “finish“.

Ha ripetuto a Friedman la stessa espressione detta alcuni giorni fa, quando aveva dato una scadenza all’esecutivo, in caso di sua vittoria alle primarie dell’8 dicembre. “Questo governo – spiega – è nato in modo un po’ strano, è nato come un governo di larghe intese per fare le riforme e arrivare alla guida del semestre europeo. Con il ritiro di Forza Italia e Berlusconi non c’è più un governo di larghe intese“. A dover cambiare atteggiamento dev’essere soprattutto il Pd: “In questi mesi è stato molto prudente, paziente, responsabile. Siamo stati dei “good guys, dei bravi ragazzi. Però ora è il momento di chiedere che le cose si facciano, e quindi ci faremo sentire».

finito il governo di larghe intese Renzi

Non ha dubbi che, anche dopo la pesante “limata” alla maggioranza con l’abbandono di Forza Italia, siano possibili le riforme di cui il paese ha bisogno a partire da quella del mercato del lavoro: “Sono possibili perché il Pd che è il partito più importante della coalizione ha queste idee in testa, e quindi se noi le abbiamo in testa le tireremo fuori”. Se però non ce la fa, “finish“.

Sull’esigenza di ricreare posti di lavoro, secondo Renzi non passa attraverso la legge di stabilità (per lo meno, non attraverso questa): “In Italia il modo per creare occupazione è rimuovere gli ostacoli alle imprese”. Citando il famoso aneddoto del David di Michelangelo (“Farlo è stato semplicissimo: il David c’era già. È bastato togliere il marmo in eccesso”), puntualizza: “Ci sono già le condizioni perché l’Italia torni a crescere: bisogna togliere burocrazia, oppressione fiscale e sistema della giustizia. La legge di stabilità non va in questa direzione: è un semplice intervento di tenuta dei conti” ma servirebbe “una rivoluzione capillare e sistematica e ancora non è iniziata. Speriamo di farla partire noi”.

Sempre in ambito economico, il sindaco di Firenze non nega che la riduzione del debito pubblico sia un aspetto fondamentale della finanza, che deve essere affrontato, “ma dipende come si fa”. Le cose, per lui, vanno fatte “con intelligenza”: non rientrerebbe nella categoria l’operazione su Eni immaginata dal governo Letta: “E’ un errore, non ha senso. E’ un’operazione, un maquillage finanziario che serve al governo per risolvere un problema di cassa“.

cuperlo finito il governo di larghe intese

Sulla partita congressuale, da ultimo, Renzi risponde di nuovo a Gianni Cuperlo che lo aveva accusato di essere “il volto buono della destra”: “La sinistra che hanno in mente loro è una sinistra che ha sempre perso – dice nettamente -. Io credo che sia molto di sinistra scommettere sulle donne come stiamo facendo qua a Firenze, investire sugli asili nido, investire in cultura, start-up. Stiamo facendo molte cose che sono di sinistra, sono l’investimento sul domani. C’è una parte della sinistra che vuole la sinistra vecchia maniera, la sinistra tutta legata al passato. Quella sinistra lì vogliamo sconfiggerla”.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
Tutti gli articoli di Gabriele Maestri →