Elezioni 2018, Di Stefano: “Sgombero CasaPound? Raggi e Pd incompetenti, parlano di antifascismo e sono contenti”

Pubblicato il 25 Gennaio 2018 alle 11:29 Autore: Giulia Angeletti
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Elezioni 2018, Di Stefano: “Sgombero CasaPound? Raggi e Pd incompetenti, parlano di antifascismo e sono contenti”

Manca solo qualche settimana alle elezioni e CasaPound, il movimento di estrema destra a cui fa capo Simone Di Stefano, ha molti occhi – mediatici e non – puntati addosso. Dopo aver ricevuto risultati soddisfacenti alle ultime amministrative e in occasione delle elezioni per il X municipio di Roma, anche questa volta – più convintamente ancora rispetto al 2013 – l’intento è quello di varcare i portoni dei palazzi istituzionali.

E chissà se questa volta ci riusciranno davvero. Nel frattempo però è caduta una “tegola” in testa al movimento della tartaruga frecciata: lunedì scorso infatti è arrivata la notizia di un possibile sgombero della loro sede di Via Napoleone III a Roma; abbiamo parlato di questo direttamente con il candidato premier per Cpi, Di Stefano, il quale ci ha anche spiegato le proposte del suo movimento e perché questa volta non resteranno a guardare i politici, ma li faranno.

Qui, le interviste a David Ermini (PD), Ornella Bertorotta (M5S), Fabio Rampelli (FDI), Stefano Parisi (EPI), Viola Carofalo (PaP), Diego Fusaro (filosofo), Paolo Becchi (filosofo)

Elezioni 2018, intervista a Simone Di Stefano di CasaPound

Il Viminale e il Comune di Roma hanno recentemente parlato dello sgombero della vostra sede storica, il luogo dove Gianluca Iannone, occupando la palazzina di Via Napoleone III, ha gettato le fondamenta della vostra realtà. Suo padre, Luigi Di Stefano, in un lungo e accorato post su facebook ha detto che, se le cose dovessero mettersi male, avete pronto un “piano B”. Di che si tratta?

Il palazzo è inserito in una delibera della giunta Veltroni, quindi il Comune di Roma per sgombrare questo posto – che non gli appartiene, in quanto proprietà del demanio dello Stato – deve comunque prima impegnarsi nel trovare degli alloggi di edilizia residenziale pubblica per le famiglie che sono ospitate qui. Non esiste nessuno sgombero prima che venga trovata una soluzione alternativa per loro, e trovare diciotto alloggi di edilizia pubblica non è cosa facile neanche per il Comune. E non stiamo parlando di soluzioni tampone, come residence o case messe a disposizione dai privati, la soluzione che era stata trovata agli immigrati sgombrati dal palazzo di Piazza Indipendenza qui a Roma, un evento che fece scalpore.

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Qui c’è una prassi ben precisa da seguire; se il Comune di Roma vuole venire qui e aprire una trattativa noi saremo ben contenti. In quattordici anni non si è mai presentato nessuno…penso che questa sia stata solo una boutade elettorale per consentire tanto alla Raggi quanto al Partito democratico di rinfocolare l’antifascismo con cui loro nascondono le loro incompetenze. Fare il titolo di giornale in cui “si sgombera CasaPound” fa recuperare alcuni voti a sinistra e fornisce appunto l’occasione a Raggi e Pd di servirsi dell’antifascismo per nascondere grandi mancanze in termini di amministrazione e nel sociale. Non parlano delle persone che hanno fatto licenziare, dell’abolizione dell’articolo 18, della legge Fornero che hanno votato…loro parlano di antifascismo e così sono contenti.

Possiamo definire CasaPound politicamente ancora molto giovane, e con delle fondamenta ideologiche molto discusse. Ma possiamo considerare la strada fatta finora. Alle scorse elezioni politiche non avete avuto un risultato granché soddisfacente, ma ora, dopo anche un incremento di consensi alle amministrative, siete pronti a ritentare l’approdo in Parlamento e in Regione. Qual è, secondo lei, il valore aggiunto che ha la CasaPound di oggi rispetto a quella del 2013?

Sicuramente abbiamo una maturità diversa rispetto al passato perché siamo cresciuti tutti, anche di età anagrafica. Quindi ecco, questo è un movimento molto giovane, però il sottoscritto ed altri esponenti si possono presentare con un “aplomb” più adulto. Siamo più conosciuti perché in questi cinque anni le avventure, e le disavventure, di CasaPound sono state ampiamente trattate dai media, anche se per lo più in modo inquisitorio.

C’è stato qualche passaggio televisivo, ma ricordo che il sottoscritto è stato in tv solo quattro volte negli ultimi due anni – e sempre a fronteggiare dei veri e propri processi mediatici. Solo con questi pochi passaggi i risultati si sono visti sul territorio: a Lucca, ad Ostia, a Bolzano…il movimento cresce in tutta Italia, continuiamo ad aprire sezioni ovunque e stavolta abbiamo anche riscontrato meno difficoltà rispetto al passato nella raccolta delle firme. Rimangono da chiudere solo dei collegi giù in Sicilia; tutto è in crescita, dai voti, al consenso, alla maturità. Esiste una differenza davvero sostanziale rispetto al 2013.

Vi siete fatti conoscere per le vostre azioni sul territorio, per la raccolta alimentare, per il sostegno ai più deboli – ma rigorosamente italiani. Ma anche per dei toni che, molto spesso, sono risultati violenti e giudicati come intrisi di dialettica neofascista. Lei come risponde a ciò? E soprattutto, nel caso in cui superaste l’agognato 3% alle elezioni, vi sentite pronti per un contesto istituzionale?

Per quanto riguarda la prima domanda, CasaPound è sicuramente un movimento d’azione, che si trova nelle periferie più estreme, a fianco delle persone, con il pacco alimentare ma anche per contrastare l’emergenza abitativa; lì può capitare che l’estrema sinistra ci veda come un concorrente diretto, perché siamo entrati esattamente nel campo che loro però hanno abbandonato. Ovviamente la nostra radice storica è molto evidente e anche rivendicata, però viviamo nel 2018, non nel 1919, anzi siamo quasi a cento anni da quei fatti, per cui la nostra impostazione politica è assolutamente matura e non nostalgica. Noi guardiamo sempre al futuro e mai al passato, ma la nostra appartenenza fa sì che l’estrema sinistra utilizzi sempre l’antifascismo per impedire, con la violenza, la nostra partecipazione alle libere e democratiche elezioni. E’ successo recentemente a Monza e succede in tante parti che i nostri banchetti vengano assaltati; in quel caso noi non ci sottraiamo allo scontro, non ci facciamo cacciare dalle piazze, al contrario della Lega o di Fratelli di Italia.

Per noi la possibilità di stare liberamente in piazza è qualcosa di imprescindibile. Saremmo anche aperti a un dialogo con i nostri oppositori, anche con gli antifascisti stessi. Noi vogliamo stare in politica, vogliamo entrare nei palazzi istituzionali, abbiamo sicuramente voglia non di moderare i toni – perché i toni di CasaPound sono sempre stati anche moderati nella proposta politica, non c’è mai stato il populismo “urlato” – ma di approcciare alle istituzioni come una forza politica matura che vuole spiegare la direzione in cui vuole far andare questa nazione.

I principali istituti di sondaggi hanno iniziato, già da qualche tempo, a rilevare il vostro movimento. La curiosità più forte è quella di intercettare il vostro nuovo bacino elettorale. Secondo lei chi è il nuovo elettore di CasaPound e perché sceglierà di darvi fiducia?

Oggi, rispetto al 2013, abbiamo una situazione politica mutata: quell’anno, ugualmente ad oggi, il centrodestra si è presentato unito ma poi Berlusconi ha tradito i suoi elettori, scegliendo di sostenere prima il governo Letta e poi il governo Renzi con il patto del Nazareno. Tutto quello che abbiamo visto in questi anni sicuramente avrà mutato la visione degli elettori di centrodestra, i quali non si fidano più soprattutto di queste alleanze, nate dopo mesi dal voto, e non si fidano più di Silvio Berlusconi, quindi ci sono molti voti in uscita da Forza Italia. Nello stesso modo ci sono molti voti in uscita dal Movimento 5 Stelle, che si presentava come un movimento rivoluzionario e oggi è rimasto solo Di Maio, non c’è più Grillo, non c’è più Di Battista, non ci sono più quelle istanze che erano il no-euro, la sovranità e tanto altro.

Delusi sono anche i sovranisti del centrodestra, sono state fatte campagne per mesi e mesi e poi si va con Silvio Berlusconi. E poi c’è anche il non voto, chi ci conosce per la prima volta e non sapeva di questa offerta nel panorama politico; ecco questa è una fetta consistente dell’elettorato. Che poi è quello che è uscito fuori dalle ultime elezioni ad Ostia, a Lucca; quando si è andati a misurare i flussi , una fetta consistente del consenso è arrivata da chi non votava più.

Sempre per quanto riguarda le prossime elezioni, parliamo di alleanze. Quali sono le prospettive in questo senso, sia per quanto riguarda le politiche che le regionali? Un’ipotesi in ballo era correre insieme a Forza Nuova, ma voi avete preso le distanze.

Con Forza Nuova non faremo nessun tipo di accordo elettorale perché c’è una differenza sostanziale fra i due movimenti; soprattutto per quanto riguarda la comunicazione. Forza Nuova si propone come “la luce nel buio” per gli italiani, noi invece stiamo dentro ai quartieri popolari e al fianco del popolo, non sopra. Poi, al di là delle differenze su tutta una serie di argomentazioni politiche, noi a prescindere preferiamo andare da soli rispetto che  stare con loro.

E comunque, anche alla luce dei numeri, un movimento come il nostro che prende il 9% a Ostia, il 7% a Lucca e tutto il resto che si è visto in Italia, non può correre con un altro che fa fatica a raccogliere le firme per presentarsi. Forza Nuova, Fiamma Tricolore e anche il movimento di Alemanno non si sono candidati alle ultime amministrative, il che è un dato di fatto. Ovviamente non andremo neanche con il centrodestra, perché con il sistema del Rosatellum noi contribuiremmo con i nostri voti a far eleggere, nei collegi uninominali, i parlamentari di Forza Italia che poi tradiranno i loro elettori e andranno a fare il governo tecnico.

Quindi noi non vogliamo avere nulla a che fare con Forza Italia, con Silvio Berlusconi, perché sappiamo già che lui è pronto a “scaricare” il centrodestra in vista di nuove grandi intese  con il Pd, con qualche pezzo del M5s, con Liberi e Uguali, e con i pezzi della Lega che Maroni porterà via dopo il voto. Questa è la nostra analisi e noi non vogliamo partecipare a questo gioco. Poi semmai – e il Rosatellum ci dice che è impossibile – il centrodestra avrà davvero i numeri, in entrambe le Camere, per formare un governo di ispirazione sovranista, che voglia uscire dall’euro e che voglia fare tutto quello che ora viene promesso da Matteo Salvini nelle trasmissioni televisive, il nostro appoggio esterno ci sarà. Se saremo in Parlamento e questo governo avrà bisogno di voti per per riuscire ad uscire dall’euro, o per il blocco totale dell’immigrazione, ugualmente il nostro appoggio ci sarà.

Speciale elezioni politiche e regionali 2018: le priorità

In Lombardia avete una candidata alla presidenza, Angela De Rosa. Durante la presentazione alla stampa la De Rosa ha ribadito che CasaPound si pone come “un polo alternativo ai partiti tradizionali” che “vuole presentare nuove proposte agli italiani”. A livello nazionale, nell’ipotesi di un buon successo alle urne, di che proposte parliamo? Quali sono le priorità di CasaPound?

Innanzitutto polo alternativo vuol dire avere una visione completamente diversa della nazione rispetto alla politica tradizionale. Noi siamo per una piena sovranità, sovranità monetaria, di bilancio, siamo per l’abbandono della moneta unica e l’uscita dall’Unione europea; per un ritorno dell’Italia a nazione libera tra le nazioni del mondo, che soprattutto cambia la sua prospettiva, smettendo di essere la schiava di questa alleanza franco-tedesca che c’è al Nord e che inizia a guardare al Sud, al Mediterraneo, ad Est, verso la Russia, la Cina e il Giappone.

L’Italia deve tornare ad essere la nazione che era prima di entrare nell’euro. Per arrivare a questa sovranità monetaria e di bilancio ci vuole l’intervento dello Stato nell’economia, la nazionalizzazione dei settori strategici , forti investimenti – da fare anche in deficit, per far ripartire l’economia – infrastrutture per agganciare il sud al nord. Poi ci vuole iniezione di contanti nelle tasche degli italiani, noi dobbiamo tornare a stampare denaro.

In questi ultimi giorni infatti c’è stato lo scontro tra Berlusconi e Salvini proprio sul vincolo di bilancio…

E infatti, cosa si farà con questo vincolo? Si faranno questi investimenti pubblici che servono? Sì, no, non si sa. E’ chiaro, anche da questo, che il centrodestra non potrà governare insieme; anche se dovesse nascere mai un governo Silvio Berlusconi lo farà franare dopo che avrà, diciamo, messo in campo tutte le sue doti per trovare una maggioranza alternativa. Io credo sinceramente che Berlusconi – e ce lo ha dimostrato in questi giorni – sia un paladino dell’Unione europea.

La nostra visione va completamente in un’altra direzione anche rispetto alla Lega che, al contrario, non ha una visione della nazione, ma sogna un’Italia spacchettata in venti autonomie; che poi è un non-stato, anzi è qualcosa che mette molto in discussione l’idea di stato-nazione, che per noi oggi è l’unica che puoi contrapporre alla globalizzazione e allo strapotere finanziario. Nella nostra visione il rilancio economico si concretizza nel lavoro, cercando di raggiungere la piena occupazione, creando stabilità, uscendo da questa logica del precariato. Diciamo no a licenziamenti arbitrari, a lavori a progetto, a “gettone”, a chiamata. Il lavoro deve essere quella cosa che ti consente di comprarti una casa e di farti una famiglia. E’ questa la base su cui costruire il resto.

E per quanto riguarda la “flat tax”, la nuova proposta sul piano fiscale di Berlusconi?

Anche lì, pensiamo davvero che nell’Unione europea ci sarà qualcuno che lascerà fare la flat tax a Berlusconi e Salvini? Io non credo, anche perché questa peserebbe molto per i primi anni sui conti dello Stato. Io preferisco un’imposta progressiva; è chiaro che oggi la pressione fiscale in Italia è assolutamente insostenibile e che vada abbassata. Bisogna far sì che le aziende non vengano spremute da parte dello Stato, ma la flat tax non è una proposta che mi entusiasma; fra l’altro per me il problema non è quanto paghi di tasse, ma dove stanno i soldi. Infatti noi prevediamo un sistema bancario dove ci sia una separazione netta tra banche commerciali e banche d’affari, come anche una banca commerciale pubblica, che si trasformi in una banca di Stato che finanzia la piccola e media impresa.

Comunque, in caso di vittoria del centrodestra, lei da cittadino chi preferirebbe come premier?

Premettendo sempre che non ci sarà nessuna vittoria del centrodestra, noi anche nel 2014 abbiamo fatto il tentativo di unire un fronte sovranista, manifestando qui a Roma e parlando dal palco insieme a Matteo Salvini e Giorgia Meloni. E’ chiaro quindi che se dovessi scegliere preferirei un governo a guida di Salvini. Ma voglio sottolineare anche che se Silvio Berlusconi, in queste elezioni, prenderà anche un solo voto più di Salvini, avrà semplicemente un motivo in più per andarsene.

Qual è il suo giudizio, al momento, circa questa nuova campagna elettorale? Qualche giorno fa su Twitter ha spopolato l’hashtag “#abolisciqualcosa”, un’ironica presa in giro delle promesse che i partiti stanno facendo in questo momento. Cosa abolirebbe lei?

Noi abbiamo già nel programma l’abolizione del vincolo di bilancio in Costituzione, poi uscire dall’Unione europea e quindi, in un certo senso, abolire l’euro. Questa campagna elettorale mi sta facendo male, perché continuo a vedere persone che promettono cose che non possono essere realizzate rimanendo nell’euro, come alzare le pensioni, abbassare le tasse e stabilizzare il lavoro. Tutte cose che senza la sovranità monetaria e rimanendo a Bruxelles non si possono fare. Sentire Berlusconi che dice sempre le stesse cose, che farà la rivoluzione liberale eccetera…le stesse cose che ha detto anche nel 2013 e poi con i voti raccolti ha fatto l’esatto contrario.

Fa molto male vedere il centrodestra fare questa campagna, il centrosinistra anche. Oggi sono tornati tutti socialisti, tutti parlano di lavoro, di precarietà. Il tema più grande su cui si è dibattuto ultimamente è lo ius soli, fino a qualche mese fa non si parlava altro che di questo; poi la legge sullo ius soli è scomparsa dalla bocca del Pd e della sinistra in generale, e questo fa veramente rabbia perché io spero che nessun lavoratore, nessun precario, caschi nella trappola di dare nuovamente il voto a persone che si dichiarano di sinistra e di sinistra non sono. Qui se c’è qualcuno che vuole votare a sinistra questa volta deve votare CasaPound.

 

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L'autore: Giulia Angeletti

Giornalista pubblicista classe 1989, laureata in Scienze Politiche, "masterizzata" presso la Business School del Sole 24 Ore, attualmente è addetta stampa e redattrice per Termometro Politico. Affascinata dal mestiere più bello del mondo e frustrata dalla difficoltà di intraprendere più seriamente questa professione, pianifica numerosi "piani B" per poter sbarcare il lunario nel settore della comunicazione. Ama informarsi e leggere, odia avere poco tempo per farlo. Su Twitter è @GiuliaAngelett3
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