Com’è fatta una giacca e come portarla

Pubblicato il 8 Agosto 2019 alle 12:51 Autore: Nicolò Zuliani
Com’è fatta una giacca e come portarla

Ieri ti ho fatto fare amicizia coi tre tipi di giacca, e hai scoperto che non è un mondo occulto e spaventoso come sembrava. Oggi vado un po’ più sullo specifico per vedere quali punti tenere d’occhio per scegliere la più adatta al tuo fisico, e qualche aneddoto storico curioso.

Partiamo dal davanti.

Nella giacca monopetto i bottoni sono in proporzione alla formalità. Uno, scazzato/sportivo. Due, va bene sempre. Tre, formale. Ecco perché oggi si vedono solo due bottoni, o al massimo – grande paraculata – tre bottoni stirati a due. La giacca doppiopetto oltre ad avere l’invidiabile pregio di tenere la pancia al caldo, riesce a essere elegante in qualsiasi situazione. Jeans sdruciti, scarpe da ginnastica, camicia aperta, barba lunga, non ha importanza; mettici sopra un doppiopetto e risolve tutto.

Parti della giacca

  1. Sgarzillo, o cran. È l’angolo che collega il colletto al revere. Sì, conta assai, e vedremo tra poco perché.
  2. Occhiello.
  3. Revere. Può essere di tre tipi e li vediamo sotto.
  4. Pistagna. È il bordo del taschino del fazzoletto.
  5. Sopramanica può essere cucito interno o posteriore.
  6. Filetti, cioè il tipo di chiusura delle tasche, con o senza fascetta.
  7. Tasca, che è interna nelle giacche formali o cucita esterna, procedura meno costosa.

Gli spacchi posteriori

Quello italiano oggi quasi non esiste più, perché pur essendo quello che tiene la giacca più in figura, è il meno pratico se ti vuoi mettere le mani in tasca. Lo spacco americano va bene per quelli magri, perché tiene bene la figura. Quello inglese è il migliore per le persone normali, per i palestrati, per gli over-taglia-48, per chi non vuol sembrare troppo ingessato e soprattutto per chi tiene il portafogli nella tasca posteriore dei pantaloni.

Può capitare che quando le compri, abbiano una croce bianca che li tiene chiusi. Lo fanno per mostrarti che è sartoriale – anche quando non lo è – e vanno tolti, così come le tasche vanno scucite. Se credi sia scontato, non hai idea di quanti vedo in giro con l’etichetta cucita sul sopramanica e gli spacchi ancora sigillati. O quante volte ho visto uomini fare il gesto di mettersi le chiavi in tasca e trovarla chiusa.

Torniamo davanti.

Lo sgarzillo (o cran)

Se vai nei mercatini o nell’armadio del nonno, troverai giacche con il colletto mooolto lungo e lo sgarzillo piccino, perché negli anni ’80 gli abiti dovevano trasmettere “ho soldi per comprare roba di lusso ma non ho tempo di farmela sistemare”. È lo stesso motivo per cui il Rolex si portava col cinturino lasco. Oggi lo sgarzillo è tornato alla sua dignità di quasi 90° che è sempre esistita perché slancia la figura e trasmette compostezza, collegando il fulcrum (cioè l’ombelico) alle spalle con una linea dritta; e questo, secondo il nostro gusto estetico, è molto bello.

Ecco perché il primo bottone di un blazer, di una giacca sportiva o di uno smoking dovrebbe coincidere con l’ombelico.

L’occhiello

Una delle cose da tenere d’occhio, quando si parla del prezzo di una giacca, sono le impunture attorno. Un occhiello può essere finto, ossia appena accennato con una macchina da cucire. Oppure può essere vero, ma essere un semplice taglio orizzontale. Il massimo del lusso sono gli occhielli veri con cucitura a mano che ne proteggono i bordi. Sono ore di lavoro in più e di solito, se gli occhielli del revere e delle maniche sono finti, la giacca non sarà granché.

L’occhiello una volta era destinato al fiore, idea nata per caso in Inghilterra e diffusasi immediatamente, tanto che esistevano dei microscopici vasi con spilla da nascondere dietro il revere per tenerli freschi. Nei bagni dei locali del primo novecento c’era un addetto che mentre ti lavavi le mani ti spolverava le spalle e aveva una cesta con fiori sostitutivi.

Il revere

Quello a dente è il più diffuso e meno formale. In via teorica, almeno. In pratica oggi è accettato in qualsiasi occasione, dal matrimonio al funerale al battesimo all’ufficio. Più formale è quello a lancia, che infatti si trova sulle giacche doppiopetto o su alcune giacche sportive a un bottone. Lo sciallato è il più formale, si mette solo la sera su una dinner jacket o sullo smoking, su cui esistono due correnti di pensiero – ma lo smoking sarà un capitolo a parte, tranquillo.

Ora, qui c’è una cosa molto importante: la dimensione. Se sei grosso scegli revere ampi e se sei secco sceglili stretti, ma soprattutto tienili proporzionati al colletto della camicia ed (eventualmente) al nodo e alla dimensione della cravatta. È l’unica regola estetica da tenere a mente, il resto è a tuo gusto.

Dietro il revere c’è il motivo per cui una giacca costa 20, 200 o 2000 euro, ed è la sua armatura. Evito di andare troppo nel palloso, ma la versione più economica ha all’interno una piastra di stoffa incollata, cucita o intrecciata con crine di cavallo. Il terzo è il più costoso, perché con il tempo prende la forma di chi la indossa e diventa sua.

Quelle che trovi nei negozi al 99% sono incollate, e se quando la indossi ti fanno sembrare Frankenstein, dopo uno o due lavaggi a secco cominciano a fare delle bollicine. Per capire di cos’è fatta piega il revere all’interno come se dovessi chiudere la giacca e passa una mano sulla piega. Se la senti rigida, è incollata. Se invece è morbida è cucita, e ti permetterà di muoverti senza sembrare tu indossi un comodino.

Quanti sono in grado di vedere questa roba? Pressoché nessuno, quindi se c’hai lo stipendio di un manovale di porto Marghera in nero, vai con Dio.

Pistagna, filetti, tasche e maniche

Sono tutti accomunati dal tipo di cucitura; semplici pezzi di stoffa cuciti sopra costano molto meno di una cucitura interna che richiede maggior precisione e più ore di lavoro. La summa sono proprio le maniche; se sono finte, a cucirle basta un attimo. Se invece sono vere, la sua costruzione è molto più complicata. Adesso sai giudicare se quella giacca che prima costava 19,763 miliardi di euro e ora coi saldi fatalità “solo 599”, vale o meno il suo prezzo.

Che tipo di giacca è? Che effetto ti fa la stoffa, toccandola? L’etichetta nel taschino interno cosa dice del materiale? Le maniche come sono? L’occhiello è vero? Ha lo spacco e i revere giusti per la tua corporatura? Il bottone è sopra l’ombelico o sopra? È foderata o sfoderata? Il davanti è incollato o cucito? Le tasche sono interne o a patch? Soprattutto: la metteresti? Dove, quando e con chi?

La somma di queste risposte decide il prezzo che vale la pena pagare.

E sì, le maniche vere possono servire. Anche alle donne.

Regole su come portare la giacca

1) Quando ti alzi si abbottona, quando ti siedi si sbottona.
Sforzati di farlo finché ti verrà automatico. Il motivo è che se ti siedi col bottone chiuso, c’è un discreto rischio salti via. E ti assicuro che poi recuperarlo da terra è una bella rottura.

2) L’ultimo bottone in basso di giacca, gilet e cappotto va sempre tenuto aperto. Ha una motivazione storica, ma anche pratica. Aprire il bottone in basso evidenzia il punto vita e maschera la chiappa larga, aumentando la forma a V del busto.

Il motivo storico è che un giorno Edoardo VII, Re d’Inghilterra, doveva passare in rassegna le truppe, ma era ingrassato e a cavallo la giacca gli stringeva sulla pancia, così pensò di sbottonare l’ultimo bottone e mascherarlo. A quella vista l’ufficiale diede immediatamente ordine ai soldati di emularlo, perché il regolamento militare prevede che i gradi inferiori non siano mai eleganti come i superiori. Le truppe eseguirono, vennero fatte le foto e la popolazione scoprì che effettivamente era più comodo.

Le donne, ovviamente, sono esentate dalla regola.

Nelle puntate precedenti:
TEORIA – – – – –

PRATICA –
– – – – – – – – – – – – – – – –

L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
Tutti gli articoli di Nicolò Zuliani →